24 Settembre 2009 | di Francesco Lovascio
Dieci anni dopo il fallimento del ''concorsone'' berlingueriano, la valutazione degli insegnanti è tornata di attualità in relazione alla Proposta di legge 953 dell'on. Aprea, che tra l'altro prevede una progressione di carriera per il personale docente, e al decreto applicativo della Legge 15 del 4 aprile 2009, che prescrive la sistematica valutazione della performance dei dipendenti pubblici, con conseguente collocazione in tre fasce di merito e relativa applicazione al personale valutato di incentivi o disincentivi economici e di carriera (anche se, almeno per ora, tale disposizione non si applica al personale docente della scuola statale). D'altra parte, il recente sondaggio SWG commissionato dalla Gilda ha rilevato che la maggioranza delle categoria è attualmente favorevole all'introduzione di una progressione di carriera e di un sistema di valutazione ad hoc per i docenti. (1)
L'argomento, a parere di chi scrive, andrebbe affrontato da un'ottica non pregiudiziale, non ostile nè favorevole a priori. La valutazione ed il consequenziale riconoscimento del merito (o del demerito) dei docenti non sono certamente la panacea di tutti i mali della scuola, come la propaganda governativa tende a far credere all'opinione pubblica (forse per distrarre l'attenzione dal continuo taglio di risorse al sistema di istruzione statale). Infatti, dove li si è sperimentati per anni, ad esempio negli USA e in Gran Bretagna , valutazione e meritocrazia non sembrano aver prodotto risultati apprezzabili sulla qualità dell'apprendimento degli allievi; nei casi peggiori, sistemi di valutazione semplicistici e inadeguati hanno invece sicuramente depresso la considerazione sociale e il morale della categoria; hanno impoverito l'insegnamento, riducendolo a semplice addestramento al superamento di prove strutturate (teaching to the test); hanno demotivato i docenti migliori e prodotto fenomeni negativi di competizione esasperata e mancanza di collaborazione fra colleghi.
D'altra parte, occorre riconoscere che quello del riconoscimento del merito individuale nel lavoro è un principio difficilmente contestabile (soprattutto da parte di coloro i quali lo applicano - o dovrebbero applicarlo- alla valutazione dei propri allievi). Inoltre, un sistema di valutazione efficace ed equo, accompagnato ad un generale incremento dello stipendio base e ad una equilibrata gestione di incentivi economici, che premino la reale efficacia di un insegnante e la sua capacità di allacciare relazioni corrette con tutti gli attori del sistema scolastico (allievi, famiglie, colleghi, ecc...) può produrre effetti positivi: migliorare la percezione sociale e l'auto-stima degli insegnanti e la appetibilità della professione docente; incoraggiare i comportamenti virtuosi e scoraggiare quelli deteriori; contribuire alla valorizzazione delle eccellenze e alla soluzione delle criticità. Tutto ciò si tradurrebbe probabilmente in un incremento della qualità complessiva dell'insegnamento.
Dunque, il problema da discutere non è quello di stabilire a priori se la valutazione dei docenti sia da considerarsi un fatto positivo o negativo in sè, ma definire praticamente a quali condizioni essa possa migliorare la qualità dell'insegnamento e della scuola, senza produrre ''effetti collaterali'' indesiderabili e controproducenti. Un buon sistema di valutazione potrebbe rivelarsi vantaggioso per la categoria. Invece, un sistema di valutazione inadeguato e/o iniquo sarebbe ovviamente una vera iattura e andrebbe combattuto a qualunque costo.
Occorre anche preliminarmente sgombrare il campo da un altro falso problema: quello se sia possibile o meno valutare l'insegnamento. Alcuni sono convinti che ciò sia pressochè impossibile e cercano di dimostrarlo evidenziando gli aspetti negativi di ogni soluzione che potrebbe essere adottata a riguardo. Altri sono invece persuasi che la questione sia relativamente semplice e possa essere risolta rispolverando sistemi tradizionali (p.e. una riedizione dei concorsi per merito distinto) o ricorrendo a mezzi ''moderni'', più sbrigativi ed efficienti, come la valutazione quantitativa degli apprendimenti degli allievi effettuata tramite prove strutturate di conoscenza (soluzione che pare risulterebbe gradita al ministro Gelmini).
In realtà, gli studiosi che hanno studiato approfonditamente l'argomento (tra gli altri, il prof. Bottani) evidenziano che valutare un docente è un'operazione per nulla semplice, che pone problemi metodologici, pratici ed economici di non facile soluzione: e questo perchè l'insegnamento è un lavoro complesso, che produce risultati complessi, non sempre immediatamente misurabili e valutabili. Tuttavia, non ci sentiamo per questo di concludere che valutare l'insegnamento sia impossibile, anche perchè dovremmo ammettere in tal caso che è impossibile valutare pure l'apprendimento, fenomeno altrettanto complesso e difficilmente misurabile.
Gli insegnanti, che sono costretti a valutare professionalmente l'apprendimento dei propri allievi, sanno che tale valutazione è possibile ma che richiede molta cautela, essendo influenzata da un'ampia gamma di fattori, alcuni dei quali difficilmente rilevabili e controllabili. Un insegnante sa, per esempio, che la sua valutazione è più attendibile e precisa se si basa su un numero consistente di dati riguardanti l'allievo, i suoi processi di apprendimento e i loro risultati, raccolti con un gamma di strumenti idonei (osservazioni sistematiche, correzione di prove di vario genere, interazioni in classe e colloqui periodici alunno-insegnante , ecc...) lungo un arco di tempo abbastanza ampio (valutazione trimestrale, quadrimestrale, annuale) misurati e valutati in modo metodologicamente e deontologicamente corretto e infine discussi con gli altri insegnanti della classe (non a caso, la valutazione periodica del profitto e del comportamento dei discenti è un'operazione collegiale).
Un'altra cosa che gli insegnanti sanno bene è che la valutazione è sempre permeata di elementi di soggettività (v. l'esempio dell'effetto alone), dei quali un buon insegnante dovrebbe essere consapevole e di cui dovrebbe cercare, per quanto possibile, di spogliarsi; e che si dovrebbe evitare un eccessivo coinvolgimento emotivo (prodotto, ad esempio, da relazioni di amicizia o di parentela) che ostacolerebbe un'equa valutazione dei risultati conseguiti dall'allievo. Sappiamo anche che la valutazione dovrebbe avere sempre una finalità formativa, dovrebbe cioè servire alla crescita dell'alunno, guidarlo al miglioramento di se stesso attraverso la consapevolezza dei punti deboli della sua preparazione e abituarlo ad auto-valutarsi: quindi dovrebbe essere chiara, coerente e trasparente nei principi che la informano e nei criteri che la guidano, che l'allievo dovrebbe comprendere e condividere. D'altra parte, conosciamo bene quali effetti distruttivi sulla motivazione e sull'applicazione allo studio dei discenti possa produrre una valutazione palesemente sbagliata, arbitraria o iniqua (o percepita come tale).
Non ci sembra dunque irragionevole chiedere, da docenti, che un' eventuale valutazione del merito dei docenti sia basata su principi analoghi a quelli che dovrebbero guidarci nella corretta valutazione dei nostri alunni.
Dopo questa premessa, nelle osservazioni che seguono cercheremo innanzitutto di analizzare alcuni dei problemi che potrebbero sorgere nella implementazione di un eventuale sistema di valutazione dei docenti , discutendo in breve due questioni cruciali: 1. chi (valuta) ? e del 2. cosa ( viene valutato) ? Successivamente, proveremo ad enunciare alcuni dei principi a cui potrebbe essere ispirato un sistema di valutazione del merito degli insegnanti.
1) Chi valuta ? Nei paesi europei e negli USA sono state sperimentate soluzioni diverse. Semplificando, le principali alternative sono: a) valutazione affidata ai dirigenti delle scuole; b) valutazione affidata a ispettori ministeriali; c) valutazione affidata a docenti esperti appositamente reclutati e formati dal ministero; d) valutazione affidata a valutatori (docenti e dirigenti) esterni all'amministrazione, reclutati e formati da agenzie terze. Per discutere rapidamente le varie soluzioni, in base alle esperienze di altri paesi e alla situazione del nostro:
a) in estrema sintesi, i dirigenti spesso non si assumono la responsabilità di una valutazione negativa (todos caballeros ): valutazione inutile; i dirigenti spesso valutano guidati da antipatie/simpatie personali nei confronti dei docenti: valutazione iniqua; i dirigenti spesso valutano in fretta e superficialmente per mancanza di tempo: valutazione imprecisa; ai dirigenti viene richiesto di valutare anche docenti che insegnano discipline diverse dalle propria: valutazione inattendibile; se si aggiunge che i dirigenti scolastici in Italia sono stati reclutati sovente con modalità discutibili e che anche i migliori non sono stati addestrati a valutare il loro personale, si può concludere che la valutazione dei docenti non dovrebbe essere affidata ai dirigenti scolastici;
b) il ricorso ad ispettori ministeriali garantirebbe una maggiore indipendenza di giudizio e una maggiore attendibilità, a patto che si faccia ricorso a ispettori tecnici, specialisti delle materie insegnate dal docente da valutare e che tali ispettori non abbiano rapporti pregressi diretti o indiretti nè con il soggetto in valutazione nè con il suo superiore (il dirigente scolastico); occorrerebbe tuttavia prevedere una intensa attività di formazione e addestramento per gli ispettori italiani (che non hanno alle spalle la lunga e gloriosa tradizione dell'Ispettorato scolastico di Sua Maestà, come in Inghilterra) e incrementarne notevolmente il numero: questo richiederebbe investimenti. Resterebbe ineliminabile comunque un aspetto negativo: gli ispettori, come d'altra parte i dirigenti, non hanno un rapporto diretto con l'insegnamento: non vanno in class;
c) docenti davvero bravi ed esperti, selezionati dall'amministrazione scolastica e formati adeguatamente, sarebbero senz'altro qualificati a valutare l'insegnamento di un collega che insegni le loro stesse discipline (sempre fatta salva la presunzione di imparzialità rispetto al soggetto da valutare) meglio di chiunque altro, per la loro conoscenza e esperienza diretta delle problematiche dell'insegnamento. Un compito del genere potrebbe costituire, fra l'altro, un possibile sbocco di ''carriera'' dell'insegnante. Le difficoltà in questo caso riguarderebbero le modalità di reclutamento dei docenti valutatori e, ancora una volta, gli investimenti necessari alla loro formazione e agli eventuali compensi per la loro attività.
d) negli USA varie agenzie esterne (fondazioni, centri di studio e ricerca) all'amministrazione scolastica sono abilitate a valutare la qualità dell'insegnamento, tramite diversi protocolli messi a punto dai loro esperti e applicati da staff di valutatori da loro reclutati e formati tra docenti e dirigenti (principals). La soluzione appare simile a quella relativa alla Certificazione di Qualità delle aziende (ISO, EFQM) , presenta il vantaggio della sicura terzietà e di una generale efficienza, chiarezza metodologica e trasparenza e, forse, minori costi. Il sistema scolastico statunitense, però, è assai differente dal nostro: si basa su tradizioni diverse; è caratterizzato da una presenza assai più cospicua e qualificata dell'istruzione privata (e alla logica del privato tende ad uniformarsi anche la gestione delle scuole statali); inoltre è fortemente differenziato sul piano locale. In Italia per ora esiste un sistema scolastico unitario e l'unica agenzia abilitata alla valutazione del sistema scolastico nazionale (e in futuro, sembra, dei suoi docenti) è l'INVALSI, che peraltro non è completamente autonoma rispetto all'amministrazione nè è risultata, almeno per ora, particolarmente efficiente o trasparente.
La situazione italiana peraltro sembra evolversi in direzione della regionalizzazione del sistema scolastico e del relativo personale. Se le regioni arriveranno a gestire direttamente le scuole e il loro personale, non è irragionevole supporre che ne gestiranno anche l'eventuale valutazione (come avviene già, ad esempio, nella provincia autonoma di Trento): si verrebbe così a creare una situazione simile a quella USA, con la coesistenza di differenti sistemi scolastici e valutativi.
Considerazioni conclusiva: nei sistemi più sofisticati la valutazione dei docenti non è a cura di individui singoli, ma di piccoli staff di 2 o 3 unità che lavorano insieme sullo stesso soggetto; inoltre è previsto un controllo periodico dell'operato di coloro che valutano da parte di altri valutatori. Ciò allo scopo di garantire l' affidabilità/obiettività del processo e l' attendibilità dei risultati.
2) Cosa valutare? in che cosa consiste il merito per un insegnante ? Su cosa potrebbe basarsi una valutazione di performance di un docente? Anche in questo caso, vi sono più risposte alternative: a) sui risultati di apprendimento dei suoi allievi; b) sul possesso di titoli che ne certifichino la preparazione culturale e la competenza professionale; c) sul superamento di apposite prove concorsuali; d) sull'osservazione sistematica dei suoi comportamenti professionali ''sul campo'' (cioè in classe);
a) sembrerebbe la soluzione più semplice e logica e lo sarebbe in effetti se tra apprendimento efficace e insegnamento efficace ci fosse un rapporto causale diretto ed esclusivo. Ma è appurato che l'apprendimento è influenzato da molti altri fattori individuali (legati alle caratteristiche del soggetto discente) e ambientali (legati soprattutto alle caratteristiche del contesto familiare, socio-economico e scolastico - clima della scuola e del gruppo classe, composizione dello stesso) spesso concorrenti con il fattore insegnamento. Risulta inoltre difficile 1) valutare correttamente gli effetti reali dell'insegnamento sui risultati di apprendimento degli alunni a breve termine e 2) isolare gli effetti dell'operato di più insegnanti che si siano alternati sullo stesso allievo nel tempo (in Italia, ciò si verifica spesso anche nel corso dello stesso anno scolastico). In Inghilterra hanno cercato di risolvere il problema facendo ricorso a complesse procedure di analisi statistica dei risultati di prove strutturate somministrate agli allievi nel corso degli anni, mediante le quali si dovrebbe riuscire a misurare il valore aggiunto (added value) dell'insegnamento (differenza fra livello di apprendimento in ingresso e livello di apprendimento in uscita), al netto dell'influenza delle variabili individuali e ambientali citate. Questo sistema sembra funzionare discretamente se applicato alla valutazione di un gruppo di docenti o di un'intera scuola, mentre è dubbia la sua affidabilità se applicato alla valutazione dei risultati dell'azione di singoli insegnanti. In ogni caso, nel nostro sistema scolastico, stante la crescente precarizzazione dell'insegnamento, la difficoltà costituita dal frequente avvicendarsi di più docenti sul gruppo classe risulterebbe certamente ineliminabile.
b) questa soluzione avrebbe almeno il pregio dell'obiettività e della semplicità (oltre che del basso costo). Tuttavia, si tratterebbe più di valutazione della professionalità eventualmente acquisita che della performance o merito in senso stretto : non ci sono garanzie che un insegnante professionalmente titolatissimo sia poi davvero motivato e realmente efficace in classe, anche in considerazione della formazione universitaria e in servizio di cui fruiscono i docenti italiani, qualitativamente poco omogenea e in generale di non eccelso livello. Tra l'altro, il crescente ampliamento dell'offerta dei titoli post-universitari (corsi di perfezionamento, master ecc.) acquisiti spesso solo per la scalata delle graduatorie ad esaurimento, ne ha prodotto una tale inflazione che il loro reale valore dovrebbe essere valutato con molta prudenza.
c) considerazioni analoghe valgono per la soluzione basata su eventuali riedizioni del famigerato ''concorsone'' berlingueriano e, sia pur con minori riserve, dei vecchi concorsi per merito distinto. Il ricorso a procedure concorsuali, in verità, sembrerebbe più appropriato per il reclutamento iniziale dei docenti o per la successiva verifica della loro idoneità allo svolgimento di ulteriori funzioni, diverse dall'insegnamento: p.e. quella di ''Tutor'' o di ''Valutatore'' o di ''Coordinatore del Collegio'', che, in successione, potrebbero eventualmente costituire una ''progressione carriera'' del docente.
d) soluzione incentrata sull' attività core dell'insegnante, l'insegnamento delle sue discipline in classe, nel quale egli dispiega le proprie competenze (disciplinari, pedagogiche e didattiche : progettazione/pianificazione del percorso formativo e delle singole lezioni; loro implementazione; verifica e valutazione in itinere e finali; eventuali interventi di recupero - comunicative e relazionali: conduzione della classe, rapporti individuali con gli allievi e le loro famiglie, cooperazione con i colleghi, con il dirigente, con il personale amministrativo...). Le ragioni alla base di questa soluzione sono riconducibili alla natura della professione docente che, analogamente a quella dell'avvocato o del medico, è un'obbligazione di prestazione, non di risultato; alle considerazioni svolte al punto a); e alla constatazione che quello che contraddistingue davvero un bravo insegnante da un insegnante ''scarso'', alla fine, è il modo di lavorare, il complesso dei comportamenti professionali messi in atto durante il lavoro d'aula o ad esso collegati. Un' osservazione sistematica seria dell'azione didattica di un docente è sicuramente un'efficace strategia valutativa, ma è senz'altro piuttosto costosa: richiede infatti l'impegno di considerevoli quantità di tempo e di risorse umane qualificate.
Da quanto detto finora, si evince chiaramente che quello della valutazione del merito dei docenti è un problema complesso, che non è possibile risolvere ricorrendo a soluzioni semplicistiche e unidimensionali , cioè che prendano in considerazione un solo fattore/dimensione (p.e. solo i risultati degli allievi) appunto perchè l'insegnamento è una prestazione professionale complessa. Si evince inoltre che le soluzioni più economiche non sono generalmente anche le più efficaci. Comunque, sulla base di tutte le osservazioni finora compiute, potremmo almeno provare a suggerire alcune qualità che un sistema ideale di valutazione del merito nell'insegnamento (chi scrive preferirebbe il termine ''efficacia'') dovrebbe possedere: una valutazione di merito ideale dovrebbe essere:
1. pertinente: dovrebbe essere principalmente centrata sul lavoro d'aula, sull' attività sul campo, quella che qualifica davvero un docente; se dovessero essere presi in considerazione anche altri elementi, come titoli conseguiti, esperienze professionali e di aggiornamento in servizio, o anche i risultati degli alunni, essi dovrebbero comunque avere un peso specifico significativamente inferiore a quello attribuito all'attività di insegnamento sul campo;
2. multiprospettica e pluridimensionale: dovrebbe tener conto dei diversi punti di vista di tutti i soggetti coinvolti (alunni, genitori, colleghi, dirigente, anche...) e delle diverse dimensioni dell'attività di insegnamento (pedagogico-didattica - comunicativo-relazionale), utilizzando metodi e strumenti differenziati (quantitativi e qualitativi) e tempi distesi;
3. condivisa e partecipata : i soggetti in valutazione dovrebbero essere messi in condizione di conoscere, comprendere e condividere finalità, metodi, procedure e strumenti della valutazione, partecipare attivamente alla valutazione stessa nelle sue varie fasi e contribuire alla definizione dei suoi risultati;
4. attendibile ed equanime: la valutazione potrebbe risultare attendibile ed equanime se affidata a piccoli staff di valutatori esterni all'istituto in cui il soggetto in valutazione insegna, che non abbiano con quest'ultimo rapporti precedenti di conoscenza, diretti o indiretti, accuratamente selezionati e formati e periodicamente aggiornati e controllati ; i valutatori potrebbero essere docenti e ispettori esperti delle discipline insegnate dal soggetto in valutazione;
5. negoziata, trasparente e controllata: gli organismi rappresentativi della categoria (ordine professionale, organizzazioni sindacali) dovrebbero partecipare di diritto alla progettazione, alla sperimentazione e alla messa a regime del sistema di valutazione, alla scopo di controllarne l'efficacia, la trasparenza e l'equanimità;
6. utile alla crescita professionale: qualunque sia la finalità della valutazione (verificare la competenza di un docente neo-assunto ai fini della conferma o quella di un insegnante già in ruolo, per l'accertamento di eventuali ''demeriti'' o ''meriti''), essa dovrebbe in ogni caso essere concepita per aiutare il soggetto valutato a conoscere e valorizzare i propri punti di forza e ad individuare ed eliminare i propri punti deboli, suggerendogli un piano di sviluppo professionale; in buona sostanza, la valutazione dovrebbe avere carattere ''formativo'', non puramente ''sommativo'' e, soprattutto, non ridursi a mero criterio per distribuire premi o punizioni ; non dovrebbe servire a risparmiare sugli aumenti di stipendio ai docenti, ma ad elevare la qualità dell'insegnamento; dovrebbe servire innanzitutto agli insegnanti, non ai loro datori di lavoro;
7. sostenibile economicamente: un sistema di valutazione degli insegnanti serio, affidabile ed efficace richiederebbe inevitabilmente investimenti rilevanti; per il contenimento delle spese, si potrebbero adottare modalità di valutazione almeno in parte centralizzate e ''a distanza'' (ad esempio, con analisi e valutazione di un portfolio predisposto dall' esaminato), in modo da ridurre la durata e il numero delle ispezioni dirette in loco e da limitare la quantità di personale necessario. In ogni caso, coloro che governano la scuola dovrebbe finalmente convincersi di una verità tanto fondamentale quanto lapalissiana: la qualità costa.
Note conclusive: performance pays for teachers in USA
La casistica USA fornisce un'ampia esemplificazione di sistemi di valutazione del merito nell'insegnamento , ognuno dei quali potrebbe fornire spunti interessanti (e.g., il TAP del National Institute for Excellence in Teaching californiano, il BEST del Connecticut, il sistema del National Board for Professional Teaching). In particolare, a parere di che scrive, è degno di nota il ''Peer assistance and review program''della città di Toledo (Ohio), basato su ispezioni usualmente''a sorpresa'' condotte nell'arco dell'anno scolastico da piccoli staff di valutatori (docenti esperti e dirigenti) esterni alla scuola di servizio del valutato; alle valutazioni periodiche e finali partecipano anche rappresentanti qualificati della categoria ( p.e. delegati delle organizzazioni sindacali) con diritto di voto.
Un documento particolarmente interessante fra i tanti prodotti dal dibattito USA è il recente rapporto ''Performance pays for teachers''-di Teacher Solutions/Center for teaching qualità (2007) che formula proposte articolate per una retribuzione dei docenti legata a merito e professionalità e sostiene una tesi che lo scrivente sottoscrive in pieno: un grande insegnante, con ampia esperienza e competenza disciplinare e didattica dovrebbe guadagnare come un dirigente; invece i dirigenti più incompetenti e inefficienti guadagnano assai più dei i migliori insegnanti, che pure tutti riconoscono come professionalità centrali nella scuola.
Alcuni spunti preziosi, in particolare, li fornisce il DECALOGO di COSA NON FARE (''WHAT NOT TO DO''), basato sull'analisi critica delle varie esperienze statunitensi e indirizzato ai decisori politici che intendano progettare un sistema di retribuzione dei docenti che preveda il riconoscimento del ''merito''. Alcune suggerimenti presentano un particolare interesse:
1. non porre un tetto artificiale al numero o alla percentuale di docenti che possano risultare destinatari di incentivi o premi legati alla performance;
2. non limitare gli incentivi solo a docenti che insegnano particolari materie sottoposte a test di sistema (p.e. lingua materna, matematica, scienze);
3. non legare gli incentivi soltanto a miglioramenti nei risultati delle prove degli studenti;non utilizzare i risultati delle prove strutturate (p.e., quelle PISA o INVALSI) in modi che producano conseguenze indesiderate (p.e., come indicatori dell'efficacia dell'insegnamento);
4. non focalizzare l'attenzione su incentivi e premi alle performances a spese dell'incremento del sistema di retribuzione di base;
5. soprattutto, non cercare di riformare il sistema di retribuzione degli insegnanti senza l'assistenza esperta di coloro che sanno meglio di tutti cosa potrà funzionare e cosa no: gli insegnanti stessi.
Alcuni riferimenti bibliografici sull'esperienza USA
1) T. Tosch e R. Rotman, ''Rush to judgement'' , Education Sector, USA, 2008: esposizione di vari sistemi di valutazione di docenti adottati in USA; la valutazione degli insegnanti lasciata ai dirigenti è inefficace e poco obiettiva e una valutazione percepita come tale è dannosa al morale della categoria. La valutazioni più efficaci sono quelle ''peer to peer'' concordate.
2) Lorrie A. Shepard e A. Kreitzer, ''The Texas teacher test'', USA, 1986 : esposizione dei danni provocati da un sistema di valutazione fatto male e imposto dall'alto dai decisori politici texani agli insegnanti dello stato.
3) Teacher Solutions/Center for teaching qualità, ''Performance pay for teachers'', USA, 2007: proposte di un panel di insegnanti esperti per la messa a punto di un sistema di retribuzione degli insegnanti legato alla performance didattica.
4) McKinsey e company, ''How the world's best-performing school systems come out on top'', USA, 2007: rapporto che studia i sistemi scolastici ''top performers'' e ne svela i punti di forza : ''1) fare in modo che le persone giuste diventino insegnanti; 2) svilupparne la professionalità fino a farne dei docenti efficaci; 3) assicurarsi che il sistema sia in grado di fornire la migliore istruzione possibile a ciascun bambino''.
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(1) Per quanto riguarda l'avanzamento di carriera, l'indagine rileva che i tempi sono maturi per l'individuazione di nuovi criteri: ben l'86% degli intervistati, infatti, è di questo parere, in particolare i laureati. Per il 37% del campione, l'avanzamento di carriera dovrebbe essere determinato dalle valutazioni del lavoro svolto in classe, per il 28% dai titoli di studio, per il 20% dall'anzianità e per il 13% da concorsi interni.
In merito alla valutazione degli insegnanti, il 66% ritiene che sia necessario introdurre un sistema ad hoc: per il 40% la formula migliore sarebbe l'osservazione sistematica da parte di un esperto indipendente, per il 29% il metro di giudizio potrebbero essere i risultati conseguiti dagli studenti, per il 19% dovrebbe spettare al dirigente scolastico il compito di valutare i docenti.
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