Paolo Mazzocchini, Studenti nel paese dei balocchi. Lettera di un insegnante a un genitore, Aracne


27 Settembre 2007 | di Gennaro Lubrano Di Diego

Paolo Mazzocchini, Studenti nel paese dei balocchi. Lettera di un insegnante a un genitore, Aracne Chi volesse penetrare nell'universo scolastico ben oltre le trite scurrilità che si leggono sui giornali, aggirando finanche le vacue mitologie con cui il discorso pubblico sulla scuola di volta in volta appare impastato, dovrebbe senz'altro volgersi alla lettura di questo agile ma denso testo di P.Mazzocchini.L'autore, insegnante di latino e greco nei licei oltre che studioso apprezzato della civiltà e letteratura classica, non è nuovo ad esporsi con salace ironia e disincantata franchezza sui temi della formazione e dell'istruzione e conosce dall'interno la slavina educativa che equivoche filosofie pedagogiche hanno oramai da decenni imposto alla scuola.
Tuttavia, rispetto alle passate performance in cui la pungente ironia e il sarcasmo irridente lasciavano poco spazio alla riflessione organica e alla meditazione sistematica sui molteplici punti critici della formazione nella scuola superiore, quest'opera si caratterizza per la certosina capacità dell'autore di individuare e demistificare la vera e propria regressione culturale a cui l'istruzione sta andando incontro in Italia anche per effetto di interventi estemporanei, provinciali e che risentono di acritiche e anglofile volgarizzazioni nel nostro contesto sociale di filosofie della formazione maturate altrove, a contatto con esperienze sagomate su opinabili modelli aziendali.
E infatti, aziendalese e didattichese sono i bersagli polemici contro i quali Mazzocchini si scaglia, facendo valere al tempo stesso una naturale vis polemica coniugata con un'esposizione chiara e persuasiva degli elementi di fatto e del proprio punto di vista, che rende comprensibili le distorsioni delle politiche educative in Italia anche ai non addetti ai lavori e a chi presta un'attenzione non assidua ai problemi della scuola.
La veste formale con la quale Mazzocchini presenta le sue riflessioni è quella della Lettera di un insegnante ad un genitore, che l'autore immagina per lo più ignaro dei disastri formativi che si perpetrano sulla pelle del figlio anche se ben disposto ad accogliere l'accorato appello dell'autore a collaborare per invertire una tendenza foriera di sciagure supplementari e negatrice tout court del valore educativo della nostra tradizione culturale.
Ai genitori, accreditati per lo meno di una certa benevolenza e considerati alleati dei docenti - per lo meno di quelli più avveduti e consapevoli -, l'autore rivolge un discorso didascalico ma denso, nel quale la mutazione genetica dell'allievo in utente, le trasformazioni/involuzioni del ruolo del Preside, i mortificanti meccanismi del reclutamento degli insegnanti, la volgare proliferazione di insulse catechesi didattiche, così come l'archiviazione della lezione ordinaria a favore di un carosello di iniziative inconcludenti ma supportate da uno sfacciato e impudente marketing vengono presentati come i capitoli essenziali di un sistematico piano di disarticolazione della scuola e di espulsione della cultura da quella che rimane una delle principali agenzie formative, ridotta, per lo più, al rango di veicolo di logiche mercantilistiche e sordamente burocratiche.
Di fronte a tutto ciò, Mazzocchini non si limita alla diagnosi amara ma esprime anche misurate proposte di correzione e inversione di rotta, rivendicando al docente il diritto - molto più fondato rispetto a chi in una scuola e in una classe non ha mai messo piede - di formulare proposte per evitare che la nobile professione dell'educare venga stravolta in un qualcosa da cui la cultura è scientificamente espulsa.



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