Roger Abravanel, Meritocrazia, 4 Proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro Paese più ricco e più giusto. Garzanti
29 Gennaio 2009 | di Renza Bertuzzi
Meritocrazia, il testo di Roger Abravanel, del quale pubblichiamo una conversazione, è un libro molto importante. Scritto con il piglio deciso del manager abituato a prendere le decisioni piuttosto che a soffermarsi solo sulle analisi, nasconde anche lo scoramento di chi, vissuto in luoghi in cui il merito aveva valore, vede il disastro italiano e decide che non è più solo il tempo delle lamentele. Che occorre affrontare il problema allo scoperto e verificare se davvero questo nostro Paese ha ancora una spina dorsale di civiltà e nel contempo “ proporre un approccio e soluzioni concrete per poter rafforzare la cultura del merito nella nostra società”.
L’ equazione da cui l’ autore parte e che ricorre costantemente nel testo è meritocrazia= equità. Laddove non vi sia la prima, viene decisamente respinta la seconda perché la meritocrazia è la base per mantenere forti e salde le società. Meritocrazia infatti è un sistema di valori che valorizza l’eccellenza indipendentemente dalla provenienza, dove “provenienza” indica un’etnia, un partito politico, l’essere uomo o donna; ma in Italia “provenienza” significa soprattutto la famiglia di origine.
Attraverso un percorso sistematico, l’ autore descrive l ‘ evoluzione e lo stato della meritocrazia, vera e propria rivoluzione sociale inventata da Michael Young, laburista inglese e poi sociologo autodidatta “che nel 1954 creò il termine “meritocrazia”, inventando l’“equazione del merito”: I+E=M, dove “I” è l’intelligenza (cognitiva ed emotiva, non solo l’IQ) ed “E” significa “effort”, ovvero gli sforzi dei migliori. La “I” porta a selezionare i migliori molto presto, azzerando i privilegi della nascita e valorizzandoli attraverso il sistema educativo: è l’essenza delle “pari opportunità”. La “E” è sinonimo del libero mercato e della concorrenza che, sino a prova contraria, sono il metodo più efficace per creare gli incentivi economici per i migliori”.
Dopo aver analizzato le fabbriche dell’ eccellenza che si trovano negli Stati Uniti, in Israele e a Singapore, dove il settore pubblico è il migliore del mondo, Abravanel passa a descrivere lo stato dell’ Italia.
Inutile dire che la descrizione della situazione italiana è quanto meno sconfortante, ma decisamente illuminante. Scopriamo così, in maniera precisa, che il nostro Paese è “ la società più disuguale e ingiusta del mondo occidentale”. Ce lo dimostrano ricerche accurate che, partendo dallo stato delle politiche redistributive italiane ( che non tutelano i veri poveri), arrivano a dimostrare che in Italia il rapporto tra ineguaglianza e mobilità è il più sfavorevole. Infatti, mentre negli USA c’ è molta differenza sociale, ma molta mobilità e nei Paesi scandinavi ( i più equi in assoluto) c’ è poca differenza sociale e molta mobilità, il nostro Paese mostra grandi differenze sociali e pochissima mobilità. Un paese in cui si avanza non per merito, ma per spinte familiari ( il tristemente famoso familismo amorale italico), quindi un Paese dove “ la perpetua immobilità genera assenza di fiducia”, da cui si dipana un perverso circuito di negatività.
Il testo non si limita solo alle denunce, ma fa anche quattro proposte concrete per rilanciare il merito nella nostra società ed economia, orientate a rafforzare i due valori di base: pari opportunità e concorrenza/libero mercato : 1) creare un sistema di testing nazionale standard per misurare la qualità della nostra scuola e il merito di insegnanti che sono l’unica vera leva per aumentare il merito degli studenti; 2) creare una giovane ed eccellente classe dirigente nella Pubblica Amministrazione; 3)Introdurre una Authority per i servizi locali; 4) Introdurre una normativa o codici di comportamento per i Consigli di Amministrazione delle società.
Meritocrazia è un testo che va sicuramente letto, soprattutto nell’ analisi impietosa del nostro Paese (i cui abitanti, pur nel disastro in cui si trovano, si consolano ritenendo, in misura maggiore degli altri cittadini europei, la propria cultura superiore a quella degli altri Paesi). Rispetto alle soluzioni prospettate, aspettiamo altre conferme. Certo, in tutto il libro si coglie la totale adesione dell’ autore rispetto ai valori meritocratici degli Stati Uniti. Resta il dubbio come (se la meritocrazia ha un forte contenuto morale) sia potuto succedere il recente disastro americano nel sistema bancario, imperniato proprio sulla meritocrazia.
Diciamo che l’ equazione meritocrazia/ morale forse non è così automatica e quanto meno avrebbe bisogno di correttivi. Che sia, anche qui, il nuovo presidente degli USA a doverli apportare?
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