Gli ITP sono figli di un dio minore? Il senso della ... provocazione

Roma, 20 novembre 2013, Convegno nazionale. Intervento di Luigi Maglio


01 Dicembre 2013 | di Luigi Maglio

Gli ITP sono figli di un dio minore? Il senso della ... provocazione

Il titolo, che abbiamo scelto per questo Convegno nazionale, vuole evidenziare la situazione di disagio di una specifica professionalità partecipe a tutti gli effetti della vita scolastica, per rappresentare e dare visibilità sociale ad un malessere che alcuni vorrebbero taciuto e marginale.

Il film di Randa Haines: ''Figli di un dio minore'', dal quale l'abbiamo tratto, è del 1986 e racconta infatti di un istituto per sordi ove vengono assistiti ed istruiti ragazzi e ragazze afflitte da tale patologia; sordi e muti rischiano di restare i colleghi insegnanti tecnico pratici (ITP) nel tumultuoso evolvere degli eventi scolastici di questi ultimi anni.

Eventi recenti che possiamo identificare in una sedicente riforma della scuola secondaria che in realtà è semplicemente assimilabile ad un ''decapitazione'' di organici e di orari curricolari che interessa tutta la P.A., ma in particolare la scuola in nome, ecco l'altro evento, di una crisi che pare debba essere curata solo a suon di riduzioni in seno al pubblico, il grande malato e, nello stesso tempo, la causa, pare, della crisi stessa.

Non fa mistero delle proprie intenzioni chi ci ha governato e chi ci governa: i vari ''esperti'' hanno preventivato che nel decennio 2006-2016 la P.A. subirà una riduzione di almeno mezzo milione di dipendenti usando il blocco del turn over, elevando il tetto dell'età pensionabile, organizzando diversamente il personale nei vari settori dell'amministrazione stessa (Fonte ''Il sole 24ore'').

Il mondo della scuola sta vivendo con particolare violenza questo intervento perchè si trova in prima linea nel dare, obtorto collo, il proprio contributo ai tagli di organico, nonchè ai tagli economici dovuti ai mancati rinnovi contrattuali che impoveriscono sempre di più i docenti.

Nel frattempo tutti i governi, di diverso colore politico che si sono succeduti e che non hanno saputo risolvere nodi strutturali quali il precariato, infatti le stime dicono di circa 150.000 colleghi che invecchiano nelle graduatorie in età anagrafica, senza invecchiare in progressione di carriera (pare di assistere ad una sorta di Dorian Gray alla rovescia), obbligano i docenti a ulteriori carichi di lavoro, spesso burocratico, come i BES, l'INVALSI, la gestione di classi con 30 e più alunni, l'orientamento e l'aggiornamento coatto, l'imposizione illegittima agli ITP di supplenze, ecc. Si viene a creare in questo modo un profondo solco tra la dirigenza (e con questa tutto l'apparato amministrativo scolastico che sono potenziati legislativamente ed economicamente) ed il corpo docente che, invece, è sempre più svuotato di poteri decisionali, ma che però vuole rialzare dignitosamente la testa.

E la vuole rialzare anche e soprattutto a partire dagli ITP: loro oggi pagano più di altri questo habitus che ci viene imposto e ci va stretto, perchè sembrano essere sempre più esclusi dalla funzione che, con mille difficoltà, hanno acquisito nella storia scolastica degli ultimi decenni.

Lo status di docente, di questi colleghi, che faceva loro abbandonare il ruolo di semplice assistente tecnico, riconosciuto nel lontano 1948 e perfezionato negli anni a venire, sembra nuovamente messo in discussione per meri motivi di cassa.

Arriva oggi l'onda lunga della riforma dei professionali avvenuta negli anni ‘90, che andava sotto il nome di PROGETTO 92 e che, con l'intento di adeguare l'offerta formativa ai nuovi obiettivi ed alle nuove istanze sociali (CM 206-giugno'92), di fatto decretò la graduale fine degli istituti professionali: moriva il triennio di qualifica professionale, basato essenzialmente su materie tecnico-pratiche; con lui moriva la mano d'opera qualificata e specializzata che tanti ragazzi ha collocato con successo nel mondo del lavoro e di riflesso moriva lo spazio per gli insegnamenti tecnico-pratici: degli oltre cento indirizzi di specializzazione ne restarono solamente 18.

La riforma ulteriore della Gelmini del 2010 ha soppresso le rimanenti qualifiche dando il colpo di grazia finale all'istruzione professionale. Ma non stava bene neppure il neonato istituto tecnologico o la famigliola dei neonati licei: in alcuni di essi i laboratori sono stati totalmente cancellati, negli altri il taglio ha seguito il trend della riduzione ordinamentale dell'orario curriculare, calato di circa un terzo e il 30% dei laboratori non ha più visto di conseguenza la luce.

Ma è ancora dal lontano 2002 che i contingenti hanno cominciato ad essere erosi da una politica che si è mossa con fare ragionieristico: creando i famosi esuberi, i percorsi di riconversione o di transito coatto in altri ruoli. Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini, Profumo: nessuno può tirarsi fuori dall'operazione che si era data come obiettivo la riduzione più o meno marcata del personale docente e degli ITP più di altri.

Gli ITP speravano che il recente decreto scuola 104/2013, ora convertito in legge, potesse indicare un'inversione di tendenza: ma niente, solo una manciata di ore di geografia negli istituti tecnici e professionali ove già non previste con un fabbisogno stimato di circa 280 insegnanti su scala nazionale. Per gli ITP nulla!

Salvo poi, come recita l'art. 5 di detta legge al c. 4 promuovere la dotazione di nuovi strumenti per i laboratori tecnico scientifici per connotare la didattica laboratoriale con caratteri di alta professionalità e intanto ridurre le ore curricolari dei laboratori stessi.

Oppure, all'art. 7, non prevedere nel grande sforzo del contenimento della dispersione scolastica una strutturata, ordinaria, curricolare opzione ordinamentale per percorsi didattici laboratoriali che la storia ci insegna abbiano spesso recuperato dalla finestra ciò che era uscito dalla porta.

Ci sembrano insomma contradditorie alcune posizioni: come anche quelle precedenti della Gelmini che trasformava la sperimentazione Brocca del liceo tecnologico in liceo delle scienze applicate, appunto applicate, sottraendo in parte o totalmente al curricolo le ore di laboratorio per applicarvisi.

Inoltre altre due considerazioni che ci pare denotino posizioni che possono o devono essere riviste nelle pieghe di decreti attuativi della legge o, meglio ancora, nella legge delega sul tema istruzione (su cui nutriamo nella forma perplessità) in esame in questi giorni al Consiglio dei Ministri:

  • non gettare in pattumiera la potenzialità dei laboratori esistenti che necessitano di manutenzione ed utilizzo (lo hanno spesso ripetuto Confartigianato e Confindustria indicando le ricche potenzialità della nostra formazione professionale e tecnica, in un Paese ove l'ossatura produttiva si basa sulla piccola e media impresa);
  • considerare che un incremento della didattica laboratoriale in termini di orari curricolari rispetta completamente la clausola d'invarianza finanziaria poichè non ha costi: il personale c'è già, è in servizio, si tratta solo di posizionarlo in postazioni più consone, più idonee, più strategiche: e cosa c'è di meglio che potenziare il lavoro per il quale i colleghi si sono preparati talora lasciando l'impresa per assumere ruoli di docenza ed educazione professionale per le nuove generazioni?

Questa provocazione introduttiva, certamente lacunosa perchè s'incaricava sia di fornire un'istantanea del problema umano, prima che sindacale, dei colleghi, sia del problema della qualità dell'offerta formativa del nostro sistema scolastico, questa provocazione, dicevo, intende costruire l'orizzonte nel quale inserire l'oggetto oggi alla nostra attenzione.

Qui, oggi, noi siamo per fare la proposta (e questa ci compete come Associazione professionale con fini anche sindacali) e per ascoltare risposta, che compete a chi, il sottosegretario Galletti, ha un'autorevolezza che gli discende dal mandato ricoperto.

Aiutati in ciò, sia nel proporre e, speriamo, anche nel rispondere, da una terza tappa, quella della riflessione pedagogico-culturale che fonda proposte e risposte, non su astratte e ritrite posizioni di ruolo, bensì su un ragionamento ancorato ad un complesso di valenze epistemologiche e didattiche che il Dott. Aglieri proporrà alla nostra attenzione: quindi preoccupati di capire per fare e fare meglio, non preoccupati di fare tanto per fare.

E' con questa intenzione che, ringraziando il Coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti Rino Di Meglio, il Centro studi e l'Associazione Docenti art. 33, che hanno organizzato l'incontro, e tutti voi presenti, cedo la parola al pedagogista per la relazione.




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