Dieci anni di scuola italiana: confusioni normative, precarietà, valutazioni esterne. E' un incendio senza salvezza?
27 Maggio 2011 | di Antonio Gasperi
L'immagine che sembra più appropriata per rappresentare il nostro sistema scolastico è quella di una immensa pira, divampata in momenti diversi ed in più punti della frastagliata ed estesa foresta educativa, alla quale guardano attoniti i cittadini di questa Repubblica, chiedendosi forse quali siano le fattezze del novello Nerone.
Oltre dieci anni fa, al mio debutto come ''notista'' su Professione docente, il mensile della Gilda, per descrivere il mondo della scuola scelsi, traendola dalla meccanica, la metafora del corpo dotato di una enorme massa inerziale, la cui traiettoria può variare impercettibilmente ma definitivamente a causa di una forza applicata su di esso. In effetti il sistema scolastico - in particolare quello delle medie superiori - dava ancora la sensazione di un enorme apparato burocratico, regolato da norme magari vetuste, che però conservavano ancora una buona dose di ''antica saggezza''. Le novità di allora, come i nuovi esami di Stato, l'autonomia scolastica, il fallito ''concorsone'' per diventare insegnante ''esperto'', per quanto notevoli, non sembravano disturbare più di tanto il lento moto perpetuo del ''corpaccione'' scolastico.
Oggi - complice anche un impressionante incendio che si è propagato nei boschi della mia regione [1] - l'immagine che trovo più appropriata per rappresentare il nostro sistema scolastico è appunto quella di una immensa pira, divampata in momenti diversi ed in più punti della frastagliata ed estesa foresta educativa, alla quale guardano attoniti i cittadini di questa Repubblica, chiedendosi forse quali siano le fattezze del novello Nerone.
L'incendio si propaga furioso nel vitale settore della definizione degli obiettivi dell'istruzione secondaria superiore: la riforma epocale ha ripreso l'impianto del precedente governo, imperniato sulla traduzione nostrana delle competenze chiave di cittadinanza europea articolate in competenze di base secondo quattro assi culturali[2], sovrapponendo ad esse liste ministeriali di conoscenze ed abilità secondo la logica delle vecchie indicazioni nazionali [3]. Il risultato è un pastiche di definizioni contraddittorie e metodologie abborracciate che sembra fatto apposta per rendere la certificazione delle competenze un nuovo assurdo ed inutile adempimento burocratico che a giugno gli insegnanti delle classi seconde compileranno per gli alunni che finiscono il biennio e quindi per indebolire ulteriormente la prassi didattico-educativa.
Il tutto viene a sovrapporsi in modo imprevedibile con l'estensione a partire da quest'anno dei test Invalsi a tutto l'universo degli studenti di seconda superiore, con l'intenzione dal prossimo di utilizzarli anche nell'esame di Stato: se infatti è previsto e voluto l'aggancio di questa rilevazione censuaria degli apprendimenti degli studenti con la valutazione ''oggettiva'' degli insegnanti [4], probabilmente nessuno al Miur ha collegato razionalmente tale rilevazione con la certificazione delle competenze di cui sopra, della quale potrebbe forse rappresentare un utile termine di confronto critico. A tal proposito anche la mozione approvata all'AN della Gilda del 27 marzo scorso, nel denunciare la distanza delle tecnocratiche prove Invalsi dalla valutazione da parte dei docenti, ''basata su elementi storici contestuali e relazionali degli insegnanti'', non accenna al collegamento funzionale di quella con la certificazione delle competenze.
Toccando il tema della valutazione siamo già di fronte ad un altro spettacoloso fronte di fuoco: alludo al settore della gestione delle risorse umane, ''riccamente foraggiate'' da quel 97% di spesa pubblica ministeriale che se ne va - come ci ricorda spesso la titolare del dicastero - in stipendi. L'azione congiunta dei ministri dell'economia, della funzione pubblica e dell'istruzione porta nella prospettiva del triennio 2010-2013 ad una consistente diminuzione dell'organico docenti ottenuta principalmente attraverso la riduzione dell'orario curricolare degli istituti superiori ''riformati''. Ora, poichè al taglio delle cattedre consegue direttamente il fatto che i docenti assunti a tempo determinato rischiano di non lavorare più, ci si poteva aspettare da parte del ministero un'accorta gestione sul delicato fronte del lavoro precari; è invece sinceramente imbarazzante analizzare la politica di reclutamento di questo governo: dopo aver incautamente aperto le graduatorie provinciali a ben tre inserimenti ''a pettine'', e aver tentato di fare marcia indietro ritornando alle ''code'', il MIUR è riuscito a creare un impasse normativo; ora il dicastero tace mentre urlano le carte bollate, che si calcola produrranno - oltre a non quantificabili introiti per studi legali travestiti da sedicenti sindacati - intorno a 65.000 disoccupati della scuola. Proprio a partire da questa vergogna nazionale, si avverte l'urgenza della lotta per l'area contrattuale separata e il consiglio nazionale della docenza: il percorso di formazione iniziale per diventare insegnante può essere disegnato in modo efficace ed equilibrato solo da un organismo che sia reale espressione dei 7-800 mila professionisti dell'insegnamento italiani [5].
Scintille di questa azione precarizzante si propagano nel settore della gestione delle istituzioni scolastiche: un ''innocuo'' cerino gettato sull'ora di lezione che d'incanto si è allungata di 10 minuti dall'inizio dell'anno scolastico appena trascorso, ha costretto gli organi collegiali degli istituti tecnici e professionali alle più spericolate manovre per costruire orari settimanali che non assomiglino troppo a quelli delle fabbriche, negoziando ore di inizio e fine lezione con le aziende locali di trasporto, anch'esse alle prese con bilanci piuttosto magri. Dalla valutazione alla gestione del personale e della logistica. E la didattica? Nessuno al ministero è andato oltre il banale calcolo aritmetico 5 ore nuove = 6 ore vecchie, in forza del quale l'onorevole avv. Ministra ha potuto affermare che le ore effettive di scuola non venivano ridotte dalla sua riforma epocale. A nessuno è venuto in mente che quei 10' possono diventare realmente una risorsa se chi insegna viene messo nelle condizioni di poter utilizzare qualche sussidio in più della lavagna con (qualche volta) il gesso, e chi impara non deve stare gomito a gomito in classi da 30 e passa. Nessuno infatti ha collegato i famosi 10' con la didattica laboratoriale che pur viene citata decine di volte da regolamenti ed allegati, a proposito ed a sproposito. Quello che si è fatto è stato semplicemente tagliare il bilancio dell'istruzione anche in quel 3% eliminando spese per formazione e aggiornamento del personale, ricerca educativa, acquisto strumentazione didattica e quant'altro potrebbe veramente valorizzare il merito dei docenti, l'efficacia dell'insegnamento e la qualità dell'istruzione.
A proposito, dire che la qualità della didattica è strettamente collegata alla valorizzazione delle migliori pratiche nell'insegnamento (concetto che mi sembra meno fumoso del demagogico merito) è talmente scontato da apparire banale: il problema è come valutare il lavoro degli insegnanti; su questo si sono già prodotte troppe analisi teoriche, alcune veramente raffinate anche fra quelle pubblicate nella nostra rivista, mentre la ministra appare del tutto determinata a procedere e l'estensione a tappeto dei test Invalsi ne è probabilmente un segnale preciso. Tuttavia, a parte il costo della gigantesca operazione che ha coinvolto quest'anno oltre 2 milioni di studenti, il livello dell'apprendimento è solo uno degli elementi che possono indicare la ''bontà'' dell'insegnamento; detto questo, mi pare non si consideri abbastanza il fatto che i metodi di valutazione finiscono per influenzare le modalità di insegnamento ed apprendimento; mi spiego con un esempio: dopo aver scorso il questionario di matematica, e aver sentito i miei allievi denunciare la difficoltà dei problemi in esso contenuti anche perchè raramente ne avevano affrontati prima[6], mi è sorto il dubbio che forse gli studenti che eccellono nei test sono concentrati nei paesi dove gli insegnanti li addestrano specificamente a superarli. Ma allora, se la valutazione ''oggettiva'' del merito dei docenti si aggancerà ai test di cui sopra, non sarà che il vento della ''innovazione didattica'' porterà altra cenere molto lontano, verso una ulteriore parcellizzazione di stampo vagamente skinneriano del processo formativo?
Per tornare allo strategico fronte della definizione degli obiettivi del sistema, i nuovi curricoli dell'istruzione liceale e tecnica stanno buttando come si dice benzina sul fuoco: a dispetto degli slogan ministeriali, le iscrizioni quest'anno dimostrano un'ulteriore pesante licealizzazione dell'istruzione secondaria italiana [7]. Ma quale sarà il motivo di questo nuovo fronte delle fiamme che ormai circondano da ogni lato gli alberi della conoscenza? Semplicemente il fatto che le famiglie non sono stupide e hanno capito che - aldilà della grandi promesse - l'istruzione tecnica e professionale ''ordinaria''[8] è stata abbandonata a se stessa [9]. Così il passaparola garantirà ancora per qualche anno una prospettiva al mezzo milione di quattordicenni italiani iscritti ai licei: per quanti anni? Fino a quando, parcheggiati all'università nel migliore dei casi, finiranno nelle statistiche dei lavoratori ''scoraggiati''? E ciò mentre da anni le imprese italiane si rivolgono ai lavoratori extracomunitari per diversi profili tecnici e professionali? [10] La gran domanda finale è allora: fra cinque-sei anni saranno ancora presenti in questo paese scampoli di cultura e professionalità da bruciare?
Ma allora, di quale strana suggestione sono vittime questi nostri concittadini italiani? Che stiano rinnegando i troppi libri di testo poco raccomandabili studiati in passato [11]? Ecco perchè, per evitare che i nostri governanti passino a metodi ancora più efficaci, come quello narrato da Ray Bradbury in Farenheit 451, è più che mai necessario reagire a questa sistematica distruzione della scuola pubblica, contribuendo ognuno - oltre alla promozione delle iniziative di lotta della nostra associazione sindacale - con le sue quotidiane gocce d'acqua gettate nelle proprie classi, a spegnere il furioso incendio divampato per incuria o premeditazione nel sistema scolastico italiano.
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[1] http://corrierealpi.gelocal.it/cronaca/2011/05/11/news/incendio-nei-boschi-bellunesi-ripresa-l-opera-di-spegnimento-foto-4161824
[2] http://www.indire.it/lucabas/lkmw_file/obbligo_istruzione///DM22agosto2007_139_doc_tecnico.pdf
[3] http://archivio.pubblica.istruzione.it/riforma_superiori/nuovesuperiori/doc/ALL_B_C_Tecnici_4_02_10.pdf
[4] http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-05-16/pecunia-olet-insegnante-boccio-063817.shtml?uuid=AaNPhYXD
[5] In un modo che potrebbe essere analogo alla gestione del percorso per diventare professionisti sanitari da parte dell'Ordine dei Medici, che in Italia sono intorno a 250-300 mila;
[6] http://www.polisblog.it/post/10352/prove-invalsi-2011-critiche-e-dubbi-risposti-punto-per-punto
[7] Più studenti nei licei (+12%). Crollo a professionali e tecnici (-15,1% e -8,6%);
[8] Il ruolo dei ''nuovi'' Istituti Tecnici Superiori nella riforma Gelminiana viene chiaramente descritto da Fabrizio Reberschegg su PD di maggio '11;
[9] Un solo dato: per l'Alternanza Scuola-Lavoro, resa obbligatoria sulla carta dalla riforma Gelmini in tutte le classi quarte degli indirizzi tecnici e professionali, sono disponibili nel Veneto circa 1.200 Euro per classe: dopo i recenti aumenti, nemmeno i soldi per pagare la benzina ai docenti che, svolgendo la funzione di tutor scolastico, devono contattare le aziende, organizzare e gestire l'alternanza e andare a trovare i ragazzi nell'ambiente di lavoro. Per inciso, la Regione del Veneto è capofila nazionale in questo genere di percorsi sperimentali;
[10] In leggera controtendenza solo l'anno di crisi 2009, nel quale è aumentata la richiesta di immigrati con la scuola dell'obbligo http://excelsior.unioncamere.net/web/Excelsior_2010_Lavoratori_immigrati.pdf;
[11]Come è noto, settori della maggioranza vorrebbero istituire una commissione di ''inchiesta'' sulla faziosità dei libri di storia http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Libri-di-testo-troppo-schierati-a-sinistra-Pdl-chiede-una-commissione-dinchiesta_311896091139.html
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