E' quanto emerge nel Rapporto “Politiche efficaci per gli insegnanti: una prospettiva OCSE-PISA” reso pubblico l’11 giugno
13 Giugno 2018 | di Ester Trevisan
“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
“La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.
Secondo e terzo comma dell’articolo 34 della Costituzione italiana. Nobili parole che trovano scarso riscontro nella realtà, secondo il giudizio espresso dall’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Nel Rapporto “Politiche efficaci per gli insegnanti: una prospettiva OCSE-PISA” reso pubblico l’11 giugno, l’organismo parigino sentenzia che il sistema scolastico italiano è iniquo perché è egualitario sulla carta, ma nei fatti non pone rimedio alle differenze, dovute al contesto familiare e sociale, da cui gli studenti iniziano i loro percorsi di studio. Anzi, sulla scuola italiana pesa la responsabilità di aggravare ulteriormente le disuguaglianze di partenza.
A tale riguardo, giova ricordare un passaggio dell’intervista rilasciata dal costituzionalista Massimo Villone a Professione Docente, bimensile della Gilda degli Insegnanti, nell’ultimo numero (maggio 2018): “Purtroppo dobbiamo registrare una differenza tra la previsione costituzionale e ciò che la politica pone in essere: tutto ciò che è diritto, anche fondamentale, passa attraverso un’attuazione che in qualche misura è scelta politica. Se si tagliano risorse, se si mette la scuola in una condizione di cronica penuria, è evidente che la qualità del servizio reso non può che soffrirne e la funzione che la scuola dovrebbe assolvere viene diminuita nella sua efficacia. La Costituzione ci dà l’ascensore, ma il motore sono le risorse: se queste mancano, l’ascensore rimane fermo”.
L’analisi dei ricercatori Ocse evidenzia che non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità e che questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati, sia all’interno dei Paesi che tra di essi. In circa la metà dei 69 paesi ed economie esaminati dal Rapporto, gli insegnanti delle scuole dove ci sono molti alunni svantaggiati tendono ad avere qualifiche o credenziali inferiori rispetto ai colleghi in servizio negli istituti scolastici meno problematici. E nei sistemi educativi in cui ciò viene osservato - tra cui Francia, Italia, Paesi Bassi e il sistema scolastico pubblico degli Stati Uniti - il divario nel rendimento degli studenti in relazione allo status socio-economico tende ad essere più ampio che in Paesi come Canada, Finlandia, Giappone o Corea, dove le qualifiche, le credenziali e l’esperienza degli insegnanti sono più equilibrate tra le scuole. Per l’Italia, i dati più rilevanti (riferiti al 2015) sono i seguenti: le scuole superiori con una maggiore concentrazione di studenti svantaggiati tendono ad avere una percentuale minore (83%) di insegnanti in possesso di abilitazione, rispetto alle scuole superiori più avvantaggiate da un punto di vista socio-economico (97%). Le scuole più svantaggiate sono quelle il cui livello socio-economico medio è tra i più bassi del Paese e che insieme rappresentano il 25% degli studenti; le scuole più avvantaggiate rappresentano un numero di studenti equivalente, ma hanno livelli medi di status socio-economico tra i più alti del Paese.
Nelle scuole più svantaggiate, tra i fattori che incidono sull’offerta formativa, gli insegnanti lamentano spesso che nelle scuole più avvantaggiate c’è una carenza di docenti.
Nel 2015 le scuole più svantaggiate avevano una maggiore presenza di insegnanti precari (con contratti di durata inferiore all’anno): 26% tra gli insegnanti di scienze e 21% tra gli insegnanti restanti (contro il 12% e l’8%, rispettivamente, nelle scuole più avvantaggiate). In generale, l’anzianità in servizio per gli insegnanti delle scuole più svantaggiate è minore che per quelli delle scuole più avvantaggiate, ma soprattutto la permanenza all’interno della stessa scuola è minore (forse perché le domande di trasferimento sono più frequenti tra gli insegnanti delle scuole “difficili”. Le scuole svantaggiate concentrano un numero maggiore di insegnanti con meno di 5 anni di esperienza - l’8% tra gli insegnanti di scienze, contro il 3% nelle scuole più svantaggiate.
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