Arginare il bullismo: i progetti pilota che sfruttano le tecnologie e la prosocialità


11 Febbraio 2019 | di Fabiana Fago

Arginare il bullismo: i progetti pilota che sfruttano le tecnologie e la prosocialità Il 7 febbraio scorso, in occasione della giornata mondiale contro il bullismo, il Miur ha promosso un’iniziativa nelle scuole grazie ad un progetto sperimentale ideato in collaborazione con la Croce Rossa Italiana: gli studenti di una scuola media di Spoltore, in provincia di Pescara, avranno a disposizione il primo “bottone antibullo” per poter chiedere aiuto in caso di necessità, in forma completamente anonima. Premendo il pulsante antibullo,allerteranno il 114, numero d’emergenza per l’infanzia per il supporto psicologico e, in un secondo momento, potranno parlare con la polizia e la Croce Rossa, qualora segnalino violenze fisiche.
 
Gli studenti tra gli 11 e i 14 anni sono indicati dalle statistiche come i più esposti al rischio bullismo e anche quelli ai quali è necessario fornire elementi più concreti di aiuto. Il progetto pilota sarà realizzato con un supporto finanziario di 5mila euro, utili a realizzare una colonnina di colore azzurro che supporta il pulsante, che potrà essere utilizzato per il suo scopo solo dopo un percorso educativo che farà dialogare tutti i soggetti presenti a scuola, famiglie incluse.
 
Oltre gli agli incontri con la Polizia di Stato e con i Carabinieri per promuovere la cultura della legalità, i compiti di realtà e i focus group sulla tematica del bullismo e del cyber bullismo, e le azioni di formazione rivolte ai docenti sull’educazione alla salute, al primo ascolto e il sostegno alla genitorialità, la campagna “Bullo non è bello” sta avviando anche altri generi di sperimentazioni quali - ad esempio- la creazione di App per la sicurezza nelle scuole, ispirate al know how già diffuso per combattere il bullismo.
 
Non solo il mondo della scuola, però, ci insegna che alcune volte gli esseri umani aiutano altri esseri umani senza attendersi ricompense o vantaggi, un atteggiamento definito dalle scienze sociali e del comportamento "prosocialità”. La prosocialità è uno strumento potente per la promozione dei valori umani universali: socialità, condivisione, cooperazione, rispetto, accoglienza e riconoscimento della ricchezza della diversità, pace, benessere psicologico, unità, comunicazione di qualità, empatia.
 
Prosocialità e bullismo possono essere messi in relazione, possono essere due concetti che stanno in una stessa frase, possono intendersi l’uno come la prevenzione dell’altro:
-con il termine prosocialità viene definito il carattere dell'azione tra le persone (mentre le motivazioni possono essere riferite o al concetto di altruismo o ad altre reazioni, anche emotive, quali l'empatia);
-con il termine bullismo definiamo tutte quelle azioni di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un bambino/adolescente, definito “bullo” (o da parte di un gruppo), nei confronti di un altro bambino/adolescente percepito come più debole, la vittima.
 
Le origini della prosocialità vengono riferite in termini evoluzionistici al concetto di selezione parentale, o kin selection, e vengono valutate anche nei termini dell'esistenza di una aggregazione sociale detta comunità educante[1] identificativa di un processo di educazione dei membri del villaggio. Se la scuola italiana attivasse corsi di prosocialità in tutti i livelli scolastici, iniziando dalla strutturazione di un buon curricolo verticale, riusciremmo ad arginare il bullismo?  
 
La prosocialità è uno strumento che permette di armonizzare i rapporti umani ed aumentare la coesione sociale al di là delle appartenenze etniche, culturali o religiose. La ricerca scientifica dimostra che il solo possesso di forti valori di riferimento non è sufficiente ad innescare adeguati comportamenti in linea con i valori; è, quindi, indispensabile possedere una serie di competenze sociali, per esibire una condotta coerente con i valori. Queste competenze possono essere insegnate al pari di altre, come indicato anche dal quadro normativo di riferimento Life skills education in schools che l’OMS ha pubblicato già nel 1993. Fra tutte vengono declinate in particolare le competenze umane e personali di coping per affrontare la vita e le abilità relazionali: Decision making (assunzione di decisioni), Problem solving (risoluzione dei problemi), Capacità di affrontare in modo flessibile ogni genere di situazione (Creatività), Capacità di esprimersi (Comunicazione efficace), Capacità di comprendere gli altri (Empatia), Capacità di interagire e relazionarsi con gli altri in modo positivo: sapersi mettere in relazione costruttiva con gli altri, «saper creare e mantenere relazioni significative» ma anche «essere in grado di interrompere le relazioni in modo costruttivo»[2].
 
 
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[1] L’Agenda di Lisbona (2000-2010/2020) ricorda alle agenzie educative le sfide del lifelong learning, della costruzione delle competenze sociali, delle politiche di promozione, dell’inclusione. Le Raccomandazioni del Parlamento Europeo, di dicembre 2006, relative all’acquisizione delle Key competences tra le quali le competenze chiave di cittadinanza strategiche per l’apprendimento permanente, affermano che “le competenze personali, interpersonali e interculturali, riguardanti tutte le forme di comportamento, consentono di partecipare in modo attivo, efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, come anche di risolvere i conflitti”.
[2] In Italia l’introduzione delle abilità e competenze per la vita è avvenuto ad opera dei governi nazionali a partire dagli anni ’90. Con la Direttiva Ministeriale n 58 dell’ 8 febbraio 1996 si comincia a parlare di “Nuove dimensioni formative, educazione civica e cultura costituzione” mentre il Decreto legislativo n. 59/2004 recita testualmente «attraverso le discipline, non si fa altro che promuovere l’educazione alla Convivenza Civile, e, attraverso questa, nient’altro che l’unica educazione integrale di ciascuno a cui tutta l’attività scolastica è indirizzata». Nella Nota di indirizzo per l’avvio dell’anno scolastico 2006/2007 si parla di competenze chiave che consentono di affrontare efficacemente richieste e compiti complessi che comportano non solo il complesso di conoscenze, abilità, atteggiamenti, comportamenti, ma anche l’uso di strategie adeguate alla loro utilizzazione nei diversi contesti e il loro padroneggiamento ai diversi livelli di scolarità dell’intero percorso dell’obbligo”. La Legge 169, 30/10/2008 e il successivo Documento di indirizzo introducono in maniera cogente l’educazione “Cittadinanza e Costituzione” nei curricoli nazionali delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di educare le giovani generazioni ai principi della convivenza, della cittadinanza attiva e responsabile, a partire dalla conoscenza e rispetto di sé e dell’altrui identità psicosociale. Tali concetti vengono ampiamente ribaditi nel Regolamento recante le Indicazioni Nazionali per il Curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione del 16 Novembre 2012, ove si richiama: - la necessità che la “scuola offra supporti adeguati perché lo studente sviluppi un’identità consapevole e aperta” - “lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti (...) in questa prospettiva i docenti dovranno pensare e realizzare progetti educativi e didattici non per individui astratti ma per persone che vivono qui ed ora (...) e che vanno alla ricerca di orizzonti di significato; - “lo studente al termine del primo ciclo (da: Profilo delle Competenze al termine) in grado di affrontare con autonomia e responsabilità..., è consapevole delle proprie potenzialità e del limiti; (...) collabora con gli altri per la costruzione del bene comune esprimendo le proprie personali opinioni e sensibilità (...); ha cura e rispetto di sé, assimila il senso e la necessità del rispetto della convivenza civile, (...) delle azioni di solidarietà, volontariato; - Dimostra originalità e spirito di iniziativa; sa chiedere a dare aiuto.
 
 
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Fabiana Fago (1976) attualmente vive e lavora a Bari, ma ha origini tarantine.
Dopo la laurea in lettere moderne, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Italianistica presso l’Università “A.Moro” di Bari. È docente specializzato di sostegno nella scuola secondaria di II grado e insegna presso un Liceo linguistico.
È impegnata in diversi progetti di formazione relativi ai bisogni educativi speciali, si occupa di Alternanza scuola lavoro e di didattica per competenze collaborando anche con l’università. 
Attiva nella Gilda degli Insegnanti di Bari dal 2015, cura il servizio di consulenza e la newsletter.
 


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