23 Aprile 2019 | di Maurizio Berni
Citiamo da fonte ANSA[1]:
"Non possiamo intervenire nella legge di bilancio - spiega Di Maio in una nota - perché si andrebbe in esercizio provvisorio. Ma prendo l'impegno di modificarla nel primo provvedimento utile".
Ci piacerebbe che queste parole fossero riferite alla sciagurata decapitazione della formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria, inserita impropriamente e frettolosamente nella legge di bilancio.
Per ora le parole del vice Di Maio sono invece riferite all’aumento dell’IRES per le associazioni di volontariato; ma, di fronte all’umiltà e al coraggio di riconoscere un errore, confidiamo che vi siano a breve la stessa umiltà e lo stesso coraggio per riconoscerne uno più grosso, riguardo ad un tema di importanza cruciale: la preparazione dei docenti della scuola secondaria statale del nostro paese.
La presunta “semplificazione” del percorso, probabilmente di ispirazione leghista, che generalizza a tutto il Paese le difficoltà di reperimento degli insegnanti che si riscontrano al nord, sottende invece un chiaro disegno demolitore della professionalità docente e del valore della sua esperienza; per il momento è fatta salva la scuola primaria, per la quale la tradizione dell’importanza data agli aspetti psicopedagogici non consente incursioni sconsiderate della politica. Immaginate che effetti avrebbe nell’opinione pubblica un analogo taglio della formazione docente in questo livello scolare: maestre e maestri buttati in una scuola elementare subito dopo aver acquisito un titolo di studio sulle discipline, privi delle competenze professionali per giudicare a che età si formano e sotto quali condizioni si favorisce lo sviluppo delle strutture mentali dei bambini in modo che siano idonee ad affrontare gli argomenti di studio che vengono proposti; senza una sola ora di tirocinio didattico sotto la supervisione di un collega esperto; senza un vero periodo di prova prima dell’assunzione (è chiaro che quello che viene fatto dopo la vincita di un concorso risentirà di tutti i condizionamenti di una certa mentalità... “un posto di lavoro non si butta via”...); immaginate se si richiedesse, ai professionisti a cui si affidano i nostri bambini, solo una superficiale “lardellatura” psicopedagogica acquisita con corsetti privati online, con “esami in un solo giorno!”... giusto per salvare le forme (ma non la sostanza), e senza mai verificare se vi sia una solida vocazione e preparazione...
Mettiamo insieme i tasselli della manovra; anzi facciamo due più due. C’è una curiosa assonanza tra il disconoscimento del valore della formazione specifica dei docenti, e di quella dei dirigenti scolastici, per i quali il “Decreto Semplificazione”[2], entrando a piè pari nel bando di concorso in via di attuazione, ha abolito il corso di formazione: gli idonei per l’accesso al corso vanno direttamente a dirigere una scuola, senza alcun corso!
In estrema sintesi, il messaggio, per tutti, è: “Non studiate troppo, andate a lavorare!”, oppure, in quella che con tutta probabilità è la lingua originale in cui il principio è formulato: "va' a lavura' che l'e' mei".
Altro sintomo inequivocabile della negazione del valore dell’esperienza e della formazione professionale specifica (che all’esperienza è direttamente legata) è l’abrogazione di ogni forma di valorizzazione per i docenti precari con almeno tre anni di esperienza; proprio loro, che secondo le norme europee dovrebbero essere stabilizzati, devono sottoporsi alle stesse identiche prove concorsuali di chi è appena uscito dall’università. Del resto, se non è richiesto alcun tirocinio per essere ammessi al concorso, e quindi non conta nulla l’esperienza di un tutor, per quale motivo dovrebbe contare qualcosa l’esperienza di un precario alle prime armi?
Ma, così come non far contare le ore di volo di un pilota di aeroplano sarebbe assai pericoloso, anche non riconoscere il valore degli anni di servizio di un insegnante, né per se stesso, né come formatore di giovani colleghi, è molto, molto pericoloso per il futuro della scuola di questo paese. L’unica differenza è che nel primo caso il pericolo può essere immediato e quindi è più percepito; nel secondo caso è un pericolo sottile, a lenta evoluzione, tanto da essere scarsamente percepito.
La risultante di queste manovre è: sottrarre investimenti per l’istruzione. E’ una politica miope e suicida se si ha a cuore il futuro di questo Paese; e raccogliere consensi dando l’illusione di “semplificare” un percorso di accesso ad una professione delicata come quella dell’insegnante (di scuola secondaria del terzo millennio!), ma in realtà sottraendo risorse per la sua qualificazione, che è necessaria alla funzione che deve svolgere, e nello stesso tempo mortificare chi questo mestiere già fa, facendogli credere che la propria esperienza non ha alcun valore, è una tattica politica di cortissimo respiro, che presto sarà smascherata dai fatti che avrà prodotto.
La corsa dei docenti precari all’acquisizione di master per scavalcare colleghi nelle graduatorie dimostra che c’è disponibilità degli aspiranti docenti alla formazione: peccato che le risposte a questo bisogno siano inadeguate. Lo Stato dovrebbe intercettare questa disponibilità, invece che lasciare i colleghi in balia di un “libero mercato della formazione” senza scrupoli, e mettere sotto controllo tutti questi corsi; anzi richiedere degli standard minimi per garantire percorsi formativi di indubbia qualità, debitamente orientati e finalizzati all’acquisizione di veri strumenti professionali, a cominciare da quelli indispensabili, con il contributo irrinunciabile, oltre che dei docenti universitari (attualmente gli unici attori della formazione dei docenti in ingresso), anche di Colleghi di scuola esperti, con ”tante ore di volo”, con funzioni di affiancamento e supervisione, perché si creino le condizioni per quell’ “Apprendistato Cognitivo” che è condizione imprescindibile perché un sapere, un qualsiasi sapere, non resti inerte, ma diventi un sapere in atto.
Caro Ministro Di Maio, abbia anche in questo caso l’umiltà e il coraggio di riconoscere che, alla prima occasione utile, ora che l’esercizio provvisorio è scongiurato e la legge di bilancio è andata in porto, sarà necessario rimettere mano anche su questa delicatissima materia: riconosca la dovuta valorizzazione a chi ha esperienza di insegnamento (sia quella del supplente, sia, a maggior ragione, quella del docente esperto, pronto a fare l’ “istruttore di volo”, ma attualmente inutilizzato a tale scopo), e consenta a chi si accosta per la prima volta a questa professione, di potersi formare in modo dignitoso e competente, perché possa “prendere il volo” con gli istruttori di cui ha davvero bisogno.
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[1] http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/12/27/di-maio-ires-no-profit-norma-cambiera_c7954007-9907-4fb7-818f-c6225fac4f18.html
[2] D.L. n. 135 del 14 dicembre 2018
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Prof. Maurizio Berni
Insegna Matematica dal 1987. Si occupa di ricerca didattica, formazione, professionalità docente e valutazione. Già supervisore di tirocinio presso la SSIS Toscana e vicepresidente del GFMT, Gruppo di Formatori di Matematica fondato da Giovanni Prodi, è attualmente membro della Commissione Italiana per l'Insegnamento della Matematica e della Direzione Nazionale della Gilda degli Insegnanti.
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